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La condotta incensurabile nei concorsi pubblici
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La condotta incensurabile nei concorsi pubblici 

La condotta incensurabile nei concorsi pubblici

di Elia Pirone

Uno dei requisiti generici richiesti inderogabilmente dai bandi dei concorsi pubblici è quello dell’assenza di condanne penali o procedimenti penali in corso che, ai sensi delle vigenti leggi, impediscano la costituzione del rapporto di lavoro con una Pubblica amministrazione.

Questa definizione, un po’ burocratica e che può variare nella formulazione da ente ad ente, sta a significare che viene disposta un’esclusione dalla procedura concorsuale di tutti quei candidati che si siano macchiati di reati per i quali sia prevista l’interdizione dai pubblici uffici o che siano stati rivolti in danno alla Pubblica amministrazione.

Ne consegue che non tutte le condanne penali comportano l’impossibilità di instaurare un rapporto di lavoro con un ente pubblico. Per l’elencazione dei reati contro la PA si rimanda al noto art. 35-bis del d.lgs. 165/2001 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”

Se questo può rassicurare i concorsisti che abbiano già avuto a che fare con l’Autorità giudiziaria per questioni minori, vi sono tuttavia situazioni in cui la norma prevede un’impostazione decisamente più restrittiva.
Ci si riferisce alle casistiche elencate dall’art. 35 del d.lgs. 165/2001, precisamente al comma 6, nel quale si dice che per l’accesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato si applica invece il disposto di cui all’art. 26 della legge 53/1989.

Quest’ultima datata ma mai del tutto abrogata norma prevede che ai concorsi dedicati alle amministrazioni citate dal precedente art. 35 si applichino, in tema di condotta, i requisiti della magistratura ordinaria. I concorsi in magistratura – e qui si viene al punto – prevedono che il candidato abbia sempre mantenuto una condotta incensurabile.

Che significa condotta incensurabile? Si tratta di un concetto superiore rispetto alla più semplice insussistenza di condanne penali per reati contro la PA. La condotta incensurabile non prevede alcun tipo di comportamento per qualsiasi motivo censurabile in termini giudiziari, ma non solo: la valutazione – a discrezione dell’ente – prende in considerazione anche altri fattori.

Si potrebbe infatti incorrere in una censura da parte dell’Amministrazione qualora sia accertato, dalle informazioni in possesso, che il candidato frequenta abitualmente persone ritenute poco raccomandabili, come pregiudicati o soggetti notoriamente dediti al malaffare. A titolo di ulteriore esempio, anche essere segnalati alla Procura della Repubblica come assuntori – non spacciatori – di sostanze stupefacenti potrebbe essere motivo di esclusione dal concorso.

Ciò si deve all’estrema delicatezza dei ruoli che i candidati vincitori andranno ad assumere: lo Stato vuole essere assolutamente certo di assumere persone, che diventeranno poliziotti, magistrati, funzionari e dirigenti di enti-chiave, “pulite” sotto ogni punto di vista.

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